Breve storia del cambiamento climatico

Questo articolo è il frutto del lavoro dell’amico

Filippo Terrasi
Emeritus professor of Physics
Campania University L. Vanvitelli
La struttura originale consiste nel proporre la storia come una disputa condominiale in cui il disastro incombente cresce nella sua drammaticità in contemporanea con le beghe e la litigiosita dei condomini animati da egoismi ed ignoranza .
Questa paradossale asimmetria fra la gravità del problema e la pochezza culturale e morale della comunità condominiale sono una metafora adeguata alla vera storia delle dispute sul cambiamento climatico.
A seguire si potrà leggere poi la vera storia nella sua dimensione scientifica ed , a tale scopo, è utile osservare su alcune parole del testo commediale una numerazione progressiva come legame pertinente.
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Nel condominio qualcuno cominciò a far circolare qualche voce inquietante. Prima, sottovoce durante qualche fugace incontro negli ascensori delle palazzine Mosca e Rio de Janeiro1, si diceva che, se non si fosse chiesto all’amministratore di fare qualcosa, alla lunga ci sarebbero stati rischi di seri danni al complesso residenziale, con pesanti conseguenze sulla qualità della vita dei suoi abitanti.

Sarebbe stato necessario, sostenevano alcuni, valutare attentamente le modalità di utilizzo delle parti comuni, ridimensionare i progetti di ampliamento delle unità abitative, porre maggiore attenzione allo smaltimento dei rifiuti.

Sembrava ai più che si trattasse di un allarme ingiustificato: dopo tutto, tutte le costruzioni hanno i loro problemi, qualche piccolo abuso non avrebbe potuto mettere a rischio la stabilità del complesso

Poi le voci si fecero più insistenti, e in un’assemblea, nel 19882, si decise di costituire un comitato di studio del problema con un rappresentante per ciascuna delle palazzine del condominio, tutti di comprovata esperienza.

1988-1998: “Esiste il cambiamento climatico?

Il comitato ben presto stilò dei rapporti3 che consegnò a tutti i responsabili delle singole palazzine, nei quali veniva documentato come ci fossero evidenze di lesioni che indicavano possibili fratture.

Per dieci anni alcuni condomini ingaggiarono accese discussioni sulla reale consistenza del pericolo, sulla possibilità che si trattasse solo di catastrofisti menagrami, sull’interesse che alcuni avrebbero avuto a far eseguire lavori di consolidamento da imprese amiche, o semplicemente sulla voglia di alcuni di mettersi in mostra durante le riunioni. Alcuni accusarono gli esperti del comitato di avercela, per motivi di interesse, con gli inquilini degli attici e dei superattici4, che, dicevano, potevano avere qualche responsabilità.

Molti altri ignoravano il problema.

1998-2008: “Il cambiamento climatico è antropogenico?

Nel decennio successivo il comitato elaborò dei documenti basati su studi approfonditi di numerosissimi esperti. In essi si indicava in dettaglio come, quale che fosse la causa del problema5, si poteva intervenire per evitare i crolli e limitare i danni.

Nel frattempo, i condomini che si erano convinti che il problema era in effetti reale, iniziarono a litigare sulle possibili cause del problema stesso: era vero che gli inquilini degli ultimi piani mettevano in atto, nei loro appartamenti, condotte non compatibili con la stabilità dei fabbricati? O non era piuttosto vero che tutti i condomini facevano un cattivo uso degli ascensori, utilizzati come montacarichi e non, come prescritto dal

regolamento condominiale, “per esclusivo trasporto di persone”?

Alcuni, d’altra parte, sostenevano che, seppure qualche problema potesse eventualmente esserci, in ogni caso era dovuto alla naturale azione della pioggia che, com’è noto, è sempre caduta da che mondo è mondo6 e non c’era quindi motivo di preoccuparsi più di tanto7.

2008-2018: “Si può mitigare il cambiamento climatico?

Il comitato però, nei successivi dieci anni, insistette sulla necessità di intervenire con urgenza8, e cominciava già a parlare dell’eventualità che potesse rendersi necessaria un’evacuazione del condominio. Sosteneva addirittura che comunque, anche se si fosse posto mano a qualche limitato intervento, sarebbe stato necessario uno spostamento degli inquilini dei piani alti verso i piani più bassi, con conseguente disagio degli abitanti di questi ultimi9.

I condomini nel frattempo, ben lungi dal procurarsi picconi e cazzuole, erano impegnati in estenuanti discussioni sul modo migliore di intervenire, seppure fosse dimostrato che era necessario farlo.

In ogni caso la grande maggioranza considerava imprescindibile che nessuno dovesse spostarsi dal proprio appartamento e che gli eventuali interventi dovessero essere effettuati arrecando il minimo disturbo possibile alle abitudini dei condomini.

2018-…. “O piuttosto è ormai necessario adattarsi alla crisi climatica?

Il comitato aveva quasi perso la voce, sbracciandosi e urlando di cercare di procurarsi i mezzi per mettersi in salvo, ma i condomini stazionavano sui marciapiedi che circondavano le palazzine discutendo animatamente se fosse più opportuno, un domani che se ne ravvisasse l’opportunità, dirigersi verso il cancello nord dell’uscita dal parco o verso quello posto a sud. Intanto, qualche sassolino cominciava a piovere dall’alto, causando non pochi fastidi a coloro che sostenevano che si trattasse di escrementi di uccelli e che, dopo tutto, da che mondo è mondo, gli uccelli fanno i loro bisogni in volo …

LA STORIA VERA

1 Risale ai primi anni ’70 uno dei primi tentativi di affrontare problematiche globali attraverso lo sviluppo di un modello formale computerizzato, basato sulla dinamica dei sistemi. Lo studio fu commissionato dal “Club di Roma” al “System Dynamics Group” del MIT, e diede luogo al rapporto “I limiti dello sviluppo”, pubblicato in Italia dalla EST. Il rapporto dedica al cambiamento climatico, sotto il titolo “Inquinamento”, solo poche pagine, discutendo invece approfonditamente la non sostenibilità di una crescita esponenziale e la necessità di un equilibrio globale basato su un bilanciamento nell’utilizzazione delle risorse ed “una revisione sostanziale del comportamento umano e dell’intera struttura della società attuale”.

2 Il 1980 fu uno degli anni più caldi e aridi della storia degli Stati Uniti. L’allarme lanciato da molti scienziati indusse l’Organizzazione meteorologica mondiale ed il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ad istituire l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), “allo scopo di valutare, su basi scientifiche, tecniche e socioeconomiche, il rischio dei cambiamenti climatici indotti dall’umanità, con le loro possibili conseguenze e di suggerire eventuali soluzioni per la riduzione di tali mutamenti”. Sono oggi membri dell’IPCC 194 paesi.

3 Nel 1990 fu pubblicato il primo rapporto dell’IPCC, elaborato da 170 scienziati di 25 paesi. Altri 200 scienziati furono coinvolti nel lavoro di revisione. Dal sommario: “Siamo certi che le emissioni risultanti dalle attività umane stanno sostanzialmente aumentando la concentrazione atmosferica di gas serra. Questi aumenti incrementeranno l’effetto serra causando in media un aumento ulteriore del riscaldamento della superficie terrestre”.

4 La parte preponderante del riscaldamento climatico è dovuta alle emissioni in atmosfera da parte dei paesi industrializzati. L’11 Dicembre 1997 fu adottato il Protocollo di Kyoto, che impegnava i Paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione a ridurre complessivamente del 5% le principali emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra entro il 2010. L’anno di riferimento per la riduzione delle emissioni era il 1990 per CO2, CH4 e N2O, mentre è il 1995 per gli altri gas.

5 I modelli climatici sviluppati dagli scienziati erano in grado di prevedere retroattivamente l’aumento della temperatura media del pianeta, in perfetto accordo con le osservazioni successive. Su questa base furono formulate previsioni per il periodo seguente, a loro volta dipendenti dagli scenari relativi a varie ipotesi di riduzione delle emissioni.

6 In effetti la concentrazione atmosferica di CO2 e la temperatura media del pianeta hanno subito nel passato importanti variazioni, ricostruite dall’analisi dei ghiacci della calotte polari.

7 La concentrazione preindustriale della CO2 atmosferica era di circa 280 parti per milione (ppm); negli ultimi decenni si è impennata raggiungendo in poco tempo i 410 ppm. Negli ottocentomila anni precedenti non aveva mai superato 300 ppm né era mai aumentata con la stessa rapidità.

8 Il riscaldamento globale cominciava a manifestare più chiaramente i suoi effetti con un aumento significativo dell’intensità e della frequenza degli eventi meteorologici estremi.

9 Nel dicembre 2015, alla conferenza sul clima COP21, 195 paesi hanno adottato il cosiddetto accordo di Parigi. L’accordo impegna a contenere le emissioni a livelli tali da tenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine ed a puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. La UNCCD prevede che, entro il 2025, 2.4 miliardi di persone nel mondo vivranno in aree soggette a periodi di intensa scarsità di acqua. Entro il 2050, 200 milioni di persone si sposteranno come migranti ambientali.

Per approfondire :

https://www.technologyreview.it/search?string=james temple

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